– Mamma, facciamo un gioco?
– Ok. Quale?
– Dobbiamo dire tutto quello che c’è dentro il corpo umano.
– Va bene, ci sto. Inizi tu?
– Sì. Ci sono i vasi sanguigni!
– Giusto! E poi?
– E poi le ossa, gli organi, l’infliunto nasale (?), il fusto dell’albero, l’invention test, la vescica, le vene, la macchina fotografica che sta negli occhi, l’intestino, le farfalle nella pancia, gli organi, i muscoli, le palline, le orbite, l’upupa (n.d.r.: l’ugola), il timpano, le cellule e la cacca.
– Fantastico! Un po’ a casaccio, ma direi che c’è quasi tutto.
Mi lascia perplessa la cacca perché tecnicamente è dentro il corpo, ma solo temporaneamente… Ma che ci si può fare, l’argomento cacca non manca mai in una casa ove vi sia la presenza di un bambino di sei anni o su per giù.
La cacca va ammirata, misurata, definita, derisa, irrisa, schifata, disegnata, trattenuta, spinta dallo stercorario, e soprattutto la cacca fa tanto, tanto ridere: puzza, che è democratica si sa (sì, la fanno anche le maestre), è la parolaccia socialmente accettata nei bambini, nonché uno dei primi elementi direttamente proporzionali alla loro autostima (“ma che bella caccona ha fatto l’amore della nonna, eh? Che grande caccona é riuscito a fare questo piccolino!”).
Del resto, che dai diamanti non nasce niente, ma dal letame nascono i fior, lo hanno capito solo i più grandi, come De André e i bambini. Perché in fondo poesia e infanzia sono concetti molto, molto vicini.
Bibliografia:
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