Al museo: “Ehi, bambino! Quella è un’opera d’arte, non si tocca!”
“Tanto io l’ho già toccata. Con la mente.”
Ecco, la risposta giusta al momento giusto, quella che a noi comuni adulti viene giusto un momento dopo quello buono.
E così mi metto a pensare a tutti i modi in cui ci si può toccare.
Con la mente, ha detto il bambino.
E con lo sguardo, con la voce, con il respiro e con il soffio, con la risata o con il pianto, con una richiesta muta, o con l’anima quando la si sputa.
Con i sogni e col silenzio, ma solo se son d’oro, perché sonno e silenzio a volte son tombali, come le parole di pietra e le distanze siderali.
Nemmeno con un fiore dicono alcuni, almeno con una rosa propone il venditore. E se non fiorirà? Terremo per noi lo stelo duro e ne faremo un bracciale, le spine come borchie, la posa abituale.
Si toccano ruvide le ruote e la strada, al tocco delle labbra si scioglie il gelato, nelle bocche fumanti, tra la lingua e il palato.
Si toccano i bigodini in testa, gli atleti in staffetta, e i tocchi raggiungono in dodici la loro mezzanotte, secondo dopo secondo, senza fretta.
Si toccano le cosce se scappa la pipì, i denti tra di loro quando devi tener duro, l’incisivo che per l’ansia tortura la nocca, mentre con un’alzata di spalle la cosa non ti tocca.
“Ti ho toccato, sei fuori”, la mosca cieca nel cortile, “ti ho toccato, sei mio”, l’amante nel fienile, “non ti tocco, non più”, chi si lascia per davvero.
Ma se si toccano due ricordi salta fuori un gran casino perché quelli fan rumore, soprattutto se c’è di mezzo il vino.
Opera di Michelangelo Pistoletto + Lorenzo che svolta l’angolo.
Galleria Continua (San Gimignano – SI. Fino al 5/7/2015)
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E lo sguardo, dove lo mettiamo? Dal rubare o spogliare con gli occhi in poi …
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Già 🙂
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