Filastrocca del tempo imperfetto

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Sbagliavo, non credevo, non pensavo. Il tempo è imperfetto come l’essere umano, un dente annerito sul viso, un bottone che sfugge al divano.

Vorrei, sarei, potrei. Se fossi più forte, più sano o più buono. Se fossi diverso farei scelte migliori, ma le carte che ho in mano non son tutte fiori. Ho l’asso di spine, due ripicche, pochi denari e troppi bastoni.

Ti amai in un tempo remoto e cosa ne è stato di quel sentire: un cassetto socchiuso, un modo di dire.
La nostalgia è un ago di pino, una lettera aperta, un sonno bambino. Si sveglia talvolta nel rosso del vino, nel seppia di un sogno o in un vecchio scontrino.

Diceva la prof di latino: spero, prometto e giuro reggono sempre l’infinito futuro. Perché la promessa riguarda il domani, i “non lo farò più”, la dieta da lunedì. Lo vedi? l’accento fugge più in là, mentre sul qui l’accento non va.

Soltanto il presente regge se stesso, non ha scuse e consuma l’adesso.
È un battito d’ali, un rumore di ciglia, un’impronta di pelle, un fruscìo di conchiglia. Il presente è un messaggio in bottiglia.

 

(foto di Mirko Piccinato)

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