Diritto all’altalena

C’è un momento quando sei al parco con tuo figlio, e magari ce lo hai portato di ritorno dall’ufficio, magari con ancora indosso i tacchi e la giacca, magari dopo che il sacchetto della spesa ti si è rotto e il barattolo dei pelati ti si è conficcato nel mignolo, magari insomma dopo aver avuto una giornata ricca di grandissime rotture di minchia, ecco c’è un momento – dicevo – in cui mentre tuo figlio è impegnato a giocare, tu punti quell’unica altalena vuota, e ti avvicini guardinga, e appoggi la borsa a terra, e ti siedi compiacendoti del fatto che il tuo sedere ci entri ancora, e inizi a dondolarti, e ti liberi delle scarpe in volo mentre inizi a muovere le gambe a ritmo, e vai sempre più in alto che oramai stai per sfiorare le foglie dei pioppi con i piedi nudi, le nuvole ammalianti, il cielo sconfinato, e tu vai che non ti piglia più nessuno, il petto è proteso in avanti come quello di un uccello e in fondo la libertà, non l’amore, è una cosa semplice, e le montagne russe nella pancia un piacere a portata di mano…
Ecco, in quel momento, in quel momento lì, un adorabile bambino sconosciuto arriva implacabilmente a romperti i coglioni.
Ti pianta addosso due occhioni enormi e teneri e ottiene con ferma non violenza di farti scendere per prendere il tuo posto, mentre la madre ti guarda indignata neanche le avessi appena preso a schiaffi il figlio.
Una volta per tutte, lo voglio dire, al parco siamo tutti uguali. AL PARCO SIAMO TUTTI UGUALI! SIAMO – TUTTI – UGUALI!