Il 13 novembre Venere e Giove si congiungeranno nel cielo, e noi lì tutti a guardare.
Un amore enorme proiettato su un maxischermo cosmico con miliardi di spettatori.
Saremo lì, presi ad ammirare lo spettacolo di un amore celeste, noi che invece non siamo pianeti, con tutte stelle nella vita, ma esseri che si congiungono come possono, dove capita, in cielo, in terra o con voli a planare dentro il peggiore motel.
Noi creature del genere umano, alle prese con amori fragili, mortali, finiti o sfiniti. Noi che amiamo a nostro modo, capiamo a nostro modo – spesso un cazzo – a modo nostro ci lasciamo. Dentro le case, le auto, i telefoni, i bar, con tazze in mano, libri come scudi, tastiere come spade, garage come orizzonti.
Il 13 novembre Venere e Giove si congiungeranno nel cielo, e noi lì a guardare.
Un amore alto proiettato su un maxischermo cosmico ammirato dal basso, da genti con le mani screpolate, le nocche scorticate, torturate nella attesa di un lieto fine, o di un nuovo inizio, o di una continuazione possibile.
Noi creature del genere umano, del tipo insicuro, di specie non protetta, esemplari in via di ricognizione, mammiferi alla perenne ricerca di senso, noi che in natura e in amore vince chi fugge ma ha un motivo chi resta, ecco noi il 13 novembre saremo lì a guardare Venere e Giove congiungersi nel cielo.
E pur si tifa.