Quando l’odore di mandarino mi dà alla testa – percorrendo fulmineo le narici con la sua carica intima di inverno e vitamine – è sempre, neanche a dirlo, il mandarino di qualcun altro.
Come d’altri è il collirio che dà sollievo agli occhi e calma lo sguardo, o la coperta che non perde morbidezza con lo strofinare quotidiano di gambe, piedi, dita.
Io perdo di continuo il balsamo per le labbra e le crema per le mani.
Il sapone appena scartato, con lo stemma inciso chirurgicamente nella materia pallida, alberga in case aliene. Muto sopra i lavabi, si accompagna ad asciugamani ruvidi, condense sullo specchio, e prese di corrente funzionanti, efficienti.
Non mi appartengono le luci giuste, adeguate a certe sere, i fuochi davanti a poltrone comode come non ne fanno più, i led minuti e multicolore incastonati in paretine di cartongesso.
In casa di mia madre i kiwi e le arance vengono sistemati dentro ceste, la pasta e fagioli viene servita rasente l’orlo del piatto, così è la regola, sopra la tavola ci sono tre o quattro fermatovaglioli liberty di madreperla, uno dei quali sbeccato.
Amo chi sa rendere il tempo così, vivibile nonostante tutto, ordinato, commovente, un tempo che accoglie.
Poi ci siamo noi che sappiamo soltanto cercarlo, e certe volte riconoscerlo.
Bello quello che hai scritto. Il famigliare odore di altri tempi, tempi nei quali ci si ritrova, perché sanno di vero.
"Mi piace""Mi piace"
Una certa cura, un certo modo di prendersi cura: certe persone e certe case sanno farlo in un modo tale… da farci sentire accolti ed estranei allo stesso tempo.
"Mi piace""Mi piace"