Difetti di vista

Mi sgridano tutti, mi sgrida la signora a cui porto le camicie da stirare perché sono troppo stropicciate, mi sgrida il nonno vigile fuori dalla scuola perché vado troppo di fretta, mi sgrida l’agenzia delle entrate perché non ho pagato il bollo dell’auto (ma non è vero e infatti la ricevuta di pagamento la ho trovata, la ho trovata!), mi sgrida il cane che vorrebbe tutto umido e niente crocchette (lo vuoi capire che poi scagazzi mollo?), e oggi mi ha sgridato anche l’ottico perché mi sono presentata senza preavviso e ho chiesto di farmi un controllo, così, su due piedi.
Sì lo so, signor ottico, che non ho un appuntamento, ma mi sento di aver perso la vista, capisce?
Non ci vedo più bene, non vedo chiare le cose, il caso, l’orizzonte, i contorni, la gente, l’amore al tempo del razzismo, il marcio al tempo delle mele, il ritrovarsi a tempo perso.
Ho un attacco di cecità, signor ottico, uno smarrimento di punto di vista, difetti di punteggiatura, metto i puntini sulle i e loro cadono e siamo punto e a capo, faccio affermazioni che sono domande ed esclamazioni che sono spaventi.
Navigo a vista tra l’indecisione del punto e virgola, la doppiezza dei due punti, la soggettività delle virgolette, il legame ambiguo del trattino.
Ma niente, l’ottico mi guarda storto, l’ottico pensa che è giusto infierire, che è giusto guardare male chi non ci vede più bene.
E allora io oggi vorrei dire agli ottici, eddai siate gentili, fate vostra quella massima, come era?
Praticate visite a casaccio e atti caleidoscopici privi di senso.
(E comunque è finita che ho comprato delle lenti con una gradazione a caso).

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