era da tanto che non mangiavo pangoccioli, ma le passioni sbagliate tornano fuori così dal nulla, quando pensi di esserne fuori.
emancipata dall’incubo, coltivavo il mio vuoto interiore, mi accontentavo di piccole gioie quotidiane
(intanto i pangoccioli continuavano a esistere in qualche anfratto della mia psiche).
un guru alla radio mi spronava a cercare un rifugio dentro me stessa, a divenire senza sforzo, a scegliere il mio animale guida (intanto io guidavo, e l’immagine dei pangoccioli lievitava silenziosa nel mio spazio interiore).
pulivo le cacche del mio cane con umiltà, pulivo la mia casa con scazzo ma con metodo, difendevo la mia auto dalle cartacce, dalle bottigliette d’acqua primordiale e dall’attacco dei microrganismi intenzionati a colonizzarla, dagli scontrini che volevano restare a sbiadirci dentro, dai fazzoletti usati e abusati (raramente pensavo ai pangoccioli esposti negli scaffali dei negozi, alla mercé di altri che non erano me).
lavoravo con concentrazione crescente senza picchi iperglicemici, portavo a spasso il cane un passo dopo l’altro, osservavo le fronde degli alberi e il moto delle foglie, rincasavo con le mani fredde e le guance arrossate, un giorno dopo l’altro, fino a ieri sera (una sera qualunque, niente da segnalare) quando è accaduto che i pangoccioli sono rincasati prima di me e si sono materializzati in dispensa. io ho finto indifferenza per qualche ora ma il mio cervello li aveva registrati (oh merda!).
A mezzanotte ho ceduto e ne ho mangiato uno, non era poi tutta ‘sta roba, ma questo lo sapevo già.
sono stata male, ho avuto acidità di stomaco e il sonno agitato, ma ho deciso di non indagarmi, non giudicarmi.
con visione panoramica mi guardo esistere nello stesso immenso mondo in cui esistono i pangoccioli, le cacche del mio cane, le foglie, le fronde, i microrganismi, gli scontrini, l’acqua delle bottigliette e degli oceani, le domande vere e quelle retoriche, le risposte provvisorie, il venirsi a cercare anche solo per vedersi o parlare, battiato, le canzoni tristi e quelle allegre che ascoltiamo dentro le automobili che vanno e vengono, avanti e indietro, perché le vite sono così, tutto un andazzo e ritorno.
ma non ci si libera degli andazzi con gli sforzi ma solo, chissà, continuando a guidare.
A volte ritornano e danno acidità. Maledetti loro
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