Ha fatto scalpore qualche giorno fa la notizia della candela lanciata da Gwyneth Paltrow nel suo sito di e-commerce, al profumo della sua vagina. Tutti a stracciarsi le vesti commentando Ma dove andremo a finire, Ma che roba assurda, come se fosse tanto più assurda, che ne so, delle creme antirughe o delle mine antiuomo.
Eppure in molti a indignarsi per una candela bio al Scent of a Woman. E giù a dire Lo vedi moglie? Lo dicevo io che anche l’odore delle mie mutande slabbrate ha un mercato! Lo vedi marito? Che anche le verze che scordo nel frigo per tutta la stagione hanno il loro perché! E i piedi del Periodo grigio del figlio (Picasso làvati!), e cioè di quella fase smarz che sta tra la pre adolescenza e il post partita di calcio, non sono forse cult? E la lettiera del gatto, vuoi non trovarle degli estimatori, magari nel dark web?
Ma si sa, prima che una candela al profumo del nostro incavo del ginocchio o della nostra tenera nuca (per i più raffinati) possa trovare folle di estimatori, o che la nostra “merda” sia considerata “d’artista”, o che la nostra banana nastrata smuova orde di emulatori che “potevano farlo anche loro”, tocca aver fatto un certo tipo di percorso, di cui oscar, premi e riconoscimenti non sono tanto la torta, quanto la ciliegina sulla.
Al netto delle follie del mercato, che pur ci sono, il percorso, la storia, il “corpo” virgolettato dell’artista fan parte del processo. Un po’ come il corpo dell’amato fa parte dell’amore, secondo me, e così pure lo sguardo di colui che ama, c’entra anche quello nell’alchemico mappazzone del desiderio, se a quanto pare non basta l’amore ma occorrono anche gli uomini in grado di amare.
Insomma tutto questo per dire che, proprio vero, l’arte, il marketing e l’amore talvolta fanno incazzare, ed è vero anche quel detto, com’era… vince chi (li) fugge.
Ma ha un motivo chi resta, aggiungerei io.
#inamorvincechifugge
#potevofarloanchio
#arte e #dintorni