Vestiti che ti porto a fare un giro in giardino.
Ti mostro tutti i fiori, anche quelli inodori, anche quelli senza nome nella terra comune, e le sciocche margherite, e i superstiti bucaneve, e i resistenti e poi arrendevoli tarassachi, e l’erba maltagliata.
Nello stagno la coppia di pesci d’aprile (li dichiaro marito e moglie), e le ninfee ingannevoli in plastica rosa (scoloriscono un’estate dopo l’altra), e il rospo limaccioso (pensavo ci avesse abbandonato).
Tutto attorno la siepe per confine.
Oltre: upupe, torcicolli, oche, cigni, scoiattoli, lepri, topi, gatti, conigli, lucertole, lombrichi, orbettini, formiche, api, farfalle, pollini, cani, uomini al guinzaglio in via d’estinzione.
Per strada passano una donna e un bambino. Il bambino è dentro la pancia, siamo a un mese avanti Nascita, a occhio e croce.
Lo vedo stare stretto, stare bene, aderente ai confini del suo mondo, capovolto nella giusta posizione.
Lo saluto con la mano, come si fa ai mocciosi col muso appiccicato sul finestrino dell’auto. Ricambia con una linguaccia.
Ci avrei giurato, lo sciocchino.