scarpe diem

Io possiedo scarpe di ogni tipo, gente,
e posso dire che nel mio ripostiglio
di quel che c’è non manca niente.
Ci sono scarpe di vecchie baldanze,
scarpe di qualche illusione,
scarpe di partenze
e scarpe di consolazione.
Ci sono scarpe frutto
di valutazioni sbagliate,
ma anche prove plastiche
di scelte azzeccate.
Scarpe fragili,
sui tacchi arroccate,
e scarpe solide,
ben piantate.
Ci sono scarpe dismesse
di cui rimpiango il fracasso,
il crederci, l’ingenuità del passo,
di altre mi vergogno, mi pento,
in un mucchio le ammasso.
Alcune sono ancora belle
ma di una bellezza che oggi
non mi appartiene,
però forse a qualcun altro
potrebbero andar bene.
E allora penso che potrei darle via,
dare ad altri
quella storia che era mia.
Le mie suole a battere strade nuove e sconosciute,
come organi donati
che continuano a funzionare
invece d’essere buttati.
Le mie scarpe su altre donne
come cuori trapiantati,
lacci stretti per restare,
o strappi svelti da levare.
E poi ne ho un paio
aperto e scamosciato,
testimonianza glamour
di un pericolo scampato.
Di quel giorno in cui la posta
era nient’altro che la vita,
e la morte mi sedeva accanto,
nella sala d’attesa
io e lei soltanto.
Fino a quando dissero che io
potevo andare
e che invece alla morte
toccava aspettare.
E così sono corsa via scalza,
per le strade e per i prati,
e ho raggiunto il negozio che avevo
i piedi scorticati,
ma al prezzo scontato
di euro settantanove
ho comprato una speranza
e un paio di scarpe nuove.

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(s)carpe diem
La filastrocca di un attimo

Il geniale titolo lo devo a un caro amico, lui sa.

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