Lo so eh che quando lo racconto la gente mi guarda come se avesse di fronte Alberto Tomba che tiene una lezione su Nietzsche o il Piccolo Lucio che dichiara “Io? Solo macrobiotico”. Però è vero, lo giuro. E anche se ho la credibilità di quelli che da vent’anni minacciano l’ultimo giorno di offerta Eminflex, è tutto vero: ho iniziato a correre.
E per di più, mi piace.
Ebbene sì, io: l’anti-sport, l’ex bambina super-accessoriata occhiali+apparecchio+scarpa ortopedica, io abbonata a Divano e Donna, io che davanti a una scarpa da ginnastica (soprattutto se abbinata a una tuta di ciniglia, a onor del vero) ho sempre reagito più o meno come Linda Blair di fronte a Padre Damien. Però così è. E adesso ne sono conscia: anche in me batte un cuore da atleta, e poco importa se fino a ieri l’unico cuore che mi sembrava di conoscere era quello di irresistibile scioglievolezza dei Lindor.
In me pulsano membra scattanti, si agitano gambe da gazzella, rombano piedi veloci! Sono fatta di muscoli e benefibra, sudore e neutro roberts, fatica e devozione! E sì, Lydia Grant, anche io faccio sogni ambiziosi: tono, forma fisica… ma come mi hai insegnato tu, queste cose costano ed è esattamente qui che si comincia a pagare, col sudore.
E per cui un giorno mi son detta: sù, Lazzaro, alzati e cammina, molla quelle sudate carte ché tanto non sei esattamente Leopardi e inizia a sudare per davvero.
Giorno 1:
Mi preparo: maglia in pile a collo alto, sneakers, pantaloni felpati e via! Dopo trecento metri sono sudata come un lottatore di sumo. Mi sembra di fare jogging dentro una di quelle saune portatili dalle quali ti esce solo la testa, presente?
Sono glassata, ma non mollo. Incrocio altri sportivi che corrono e li saluto come fossero vecchi colleghi. Con le loro tutine hi-tech-fluo mi guardano dall’alto in basso e così capisco che non sono esattamente nel mio campo, ma non mi scoraggio, mantengo il sorriso ottuso dei principianti e vado avanti dentro la mia sauna portatile dispensando saluti alla Kate Middleton in parata militare. Solo che con il mio pile color carne e la tuta di flanella, più che una principessa mi sento Miss Studentessa Impopolare del Wyoming. Quella vittima di bullismo. Quella che nessuno invita al ballo di fine anno. Quella Prima Della Trasformazione. Quella vessata dalle cheerleader. Ed è subito film di Canale 5.
Ma vado avanti e corro. Voglio resistere per almeno mezz’ora. Voglio resistere. E così faccio.
Alla fine della mia prima corsa, ho imparato quattro fondamentali lezioni:
1) Le felpe in pile non vanno bene, se non fosse ancora chiaro: fanno sudare!
2) Le All Star ai piedi non vanno bene: il tallone d’Achille non è solo un mito.
3) Tra runner non ci si saluta tutti come tra camperisti (o regine). O almeno tutti non salutano me.
4) Mezz’ora di corsa ti risveglia il metabolismo anche se era rimasto fermo agli anni Ottanta, ancora impegnato a digerire Girelle. Dopo pare che erutti o’ Vesuvio: la tua fame sgorga dalle viscere della terra ed è la fame dei giusti. Però questo non ti autorizza a mangiare come se non ci fosse un domani per le restanti 24 ore. Perchè il domani arriva. Ed ha la faccia di un chilo in più (sarà muscolo?)
Amica!!! Quanto mi hai fatto ridere… 😀 Per quanto riguarda la felpozza: mica per caso si chiama sweater in inglese, ci avevi mai pensato? Comunque per consolarti ieri sono stata in piscina dopo un’eternità. Si vede che la primavera si fa sentire anche per me. Un abbraccio cara!
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😀 un abbraccio a te! E a presto!
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