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Giovanna.
Giovanna entrò, si sedette e appoggiò la borsa e la sfera di luce sulla poltroncina accanto.
Anita disse che sarebbe arrivata subito.
Giovanna rispose che poteva fare con calma, di finire pure la piega alla signora, perché lei non aveva fretta.
Non aveva mai avuto meno fretta di così.
Prese una rivista. Il salone era caldo per le voci e i colpi di phon e finalmente, pensò Giovanna, il dentro e il fuori attorno a lei combaciavano, come quando i pezzi di puzzle di Pietro trovavano la loro tessera gemella e le loro anime di cartone si incastravano l’una nell’altra senza sforzo. Quasi senza sforzo, perché alcune volte c’era un momento di attrito e ti veniva da pensare di aver sbagliato pezzo, ma se non eri frettoloso capivi che no, che era proprio quello il pezzo giusto e allora la soddisfazione era ancora più grande. Per lo meno quanto può esserlo la tesserina di un puzzle che scivola al proprio posto e contiene per una frazione di secondo l’ambizione di un universo ordinato in un’anima di carta.
Mentre pensava a queste cose, era consapevole del sorriso che le si allargava lentamente sul viso e non voleva perdersi nemmeno un attimo di questo allargarsi, sfogliava tranquilla le pagine leggere e guardava le scarpe e gli accessori pitonati che la rivista proponeva come il grande ritorno della stagione.
Alzò lo sguardo e si scrutò allo specchio.
Aveva la pelle lucida e sottile. Una pelle nuova. Niente a che vedere rispetto a tre mesi fa.
Quando l’ofide sarà in procinto di cambiare pelle, il suo colore diventerà più scuro e opaco. Può darsi che inizi a rifiutare il cibo, ad assumere una colorazione leggermente rossastra sul ventre, mentre i suoi occhi diventeranno di un grigio bluastro.
A Giovanna ritornò in mente il brano dell’enciclopedia degli animali che aveva letto infinite volte a Pietro, finendo entrambi per impararlo a memoria.
Si avvicinò allo specchio un po’ di più e osservò se stessa negli occhi e quando due occhi guardano se stessi, le profondità si fanno senza fine. E infatti la fine, tagliò corto Giovanna, è solamente un altro strato di superficie.
“Prendi un caffè”, le disse Anita porgendole una tazzina di ceramica bianca. Era solita offrire il caffè alle sue clienti mentre attendevano il proprio turno.
Giovanna sentì il caffè scendere nella gola e il gusto allargarsi nel petto e scorrerle lungo le braccia sino a raggiungerle le mani e poi la pancia e le cosce.
Questa mutazione del serpente è dovuta al liquido linfatico che si insinua tra lo strato di pelle vecchia e quello nuovo al fine di permetterne il distacco. Dopo alcuni giorni – ma nel suo caso erano stati mesi ed erano sembrati anni – al termine del processo di muta (ecdisi) avverrà la separazione dalla pelle vecchia (exuvia).
“Vieni, andiamo a lavarli”
Anita iniziò a massaggiare la testa di Giovanna e Giovanna pensò che sapeva farlo senza retorica. La parrucchiera aumentò di poco la temperatura dell’acqua perché ricordava che alla cliente piaceva quasi bollente. Le massaggiò e strofinò il cuoio capelluto con la giusta pressione. Giovanna avvertiva i rivoli di acqua calda scorrerle ai lati delle orecchie e uno, solitario, scenderle lungo il collo fino al principio della schiena.
L’ofide inizierà a sfregarsi su una superficie dura o abrasiva, ad esempio una pietra. Inizierà dal capo per poi continuare faticosamente su tutto il corpo.
Per un attimo ebbe l’istinto di grattarsi il braccio nel punto in cui i medici le avevano inserito un catetere venoso che raggiungeva il torace, così da somministrarle i farmaci direttamente nella vena cava superiore, bypassando le vene di piccolo calibro. Ma al posto del catetere ora c’era solo un alone scuro e un braccio magro e fermo.
Giovanna si stupì di come quei segni che il processo di muta le aveva lasciato sulla pelle fossero così magnetici, erano sentieri e nidi e graffi e ricordi di sfregamenti, quando il prurito era troppo e lei si strofinava sino a sfogliare via strati di pelle come petali di rose, o come faceva Pietro con la colla Vinavil sulle mani.
Anita la fece spostare alla poltrona del taglio.
Con la forbice iniziò a dare tocchi rapidi, apparentemente ininfluenti e invece determinanti per dare corpo al taglio, e rinunciando a certe lunghezze dava forma a ciò che rimaneva. Ogni movimento durava una quantità esatta di secondi, le mani bianche della parrucchiera tratteggiavano nell’aria i segni di una lingua silenziosa, e piccole squame cadevano scure sopra il pavimento.
Il risultato fu soddisfacente. I capelli, castani e cortissimi, avevano preso una nuova definizione e parevano leggermente più mossi di un tempo.
Al termine del processo i colori del serpente saranno notevolmente più splendenti, iridescenti e chiari.
Giovanna ringraziò Anita, pagò e uscì, con la borsa in una mano e nell’altra la sfera di luce.
Massimo la stava aspettando all’esterno del salone assieme a Pietro.
Ortensia vide la donna posare le braccia al collo di un uomo e poi baciarlo e si immaginò il sapore di caffè passare da una bocca all’altra.
Guardava la coppia e il bambino attraverso il foro nel muro. Attorno al foro un ripostiglio, dietro le spalle una porta, sopra ogni cosa la casa della nonna.
Foto di Mirko Piccinato http://www.mirkopiccinato.com
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