Precedenti:
1) Ogni casa è illuminata (leggi)
2) Giovanna (leggi)
3) Ida (leggi)
4) Soffio (leggi)
5) Ortensia
Spartiacque
La bolla si ruppe una settimana dopo il viaggio in auto con lo sconosciuto, mentre stava mangiando una prugna, seduta sui gradini fuori casa. Il paesaggio delle sei di mattina era fermo, solo il cane si era mosso per uscire dalla cuccia e venire a sonnecchiarle sui piedi, poi più niente, fino a quel tiepido sciogliersi d’acqua.
Da quel momento, ci vollero sette ore prima che la carne fosse spartita in due, e a Ida rimanesse la metà conosciuta e il latte che sarebbe sgorgato di lì a poco e alla bambina andasse la metà misteriosa e il pianto, esploso qualche secondo dopo.
Nella sala parto un verdino diffuso riempiva lo sfondo e così per contrasto i colori di chi dava alla luce dovevano sembrare più accesi, ma non c’erano spettatori a notarlo e gli attori erano troppo impegnati o troppo coinvolti.
In mezzo alla parete più lunga c’era un crocifisso scuro, appeso al muro in modo leggermente storto, con un fiore di plastica attorcigliato alle gambe di un piccolo Cristo di metallo. Ida lo aveva avuto davanti agli occhi per tutto il tempo e a un certo punto aveva visto il medico allontanarsi, arrampicarsi su una scala e raddrizzare il crocifisso con un tocco rapido della mano, per poi tornare a dirle di spingere. Ma era solo una immagine falsa, costruita dalla sua mente in un secondo momento per riempire i buchi di memoria di un tempo che era trascorso in modo sabbioso.
Quando finalmente la bambina era uscita e aveva mostrato di saper respirare, Ida aveva sussurrato “è finita” e un’infermiera le aveva risposto che non era finita affatto, ma che iniziava tutto lì.
La bambina venne portata via subito e l’unica cosa che Ida fece in tempo a vedere fu una testa scura che avrebbe anche potuto essere quella di una scimmietta o una piccola noce di cocco.
Poi anche lei venne spostata in un’altra stanza, adiacente alla sala parto.
Era stesa sulla barella e sentiva le chiacchiere delle infermiere che entravano e uscivano dalla porta alle sue spalle. Una di loro disse che domenica sarebbe andata al mare col fidanzato e la sorella, e che il giorno prima aveva comperato un costume nuovo mentre il fidanzato l’aveva aspettata fuori dal negozio con aria annoiata, neanche ci avesse messo chissà quanto tempo. La sentì ridere di una risata spensierata e larga e fu come se un po’ di agosto entrasse come un estraneo nella stanza.
Rimase da sola per un tempo indefinito, circondata dai rumori trasportati dalle rotelle dei carrelli metallici pieni di garze e disinfettanti. E non c’era altro da fare che percorrere su e giù con lo sguardo la crepa che divideva il soffitto a metà e faceva da spartiacque tra il prima e il dopo, come fanno i bambini quando vengono al mondo.
“Come si sente?” L’infermiera col fidanzato annoiato si era avvicinata per misurarle la pressione.
“La bambina come sta?”
“Sta bene, è nell’incubatrice. Più tardi potrà vederla”
La fascia attorno al braccio di Ida si gonfiò ritmicamente per poi sgonfiarsi con un unico sbuffo.
“La pressione è un po’ bassa. Tra poco la trasferiremo nella stanza della degenza” disse l’infermiera prima di uscire e Ida pensò che non c’era connessione tra le due frasi e le venne da chiedersi se con la pressione un po’ più alta le sarebbe toccato stare lì ancora.
Nella stanza della degenza c’erano altre due donne in camicia da notte bianca, con i capelli lunghi sciolti che davano loro un’aria notturna. Una aveva in braccio un bambino e lo cullava, mentre l’altra si massaggiava la pancia tonda disegnandovi sopra piccoli cerchi con la mano. Ida salutò a bassa voce e le due donne risposero in modo automatico.
Ed erano assorte ciascuna nella propria attività circolare quando entrò un uomo che interruppe quel dondolio di braccia e mani e catturò lo sguardo di Ida.
Teneva in mano un mazzetto di margherite stanche e un pacco di biscotti. Aveva la piega dei pantaloni stropicciata e la camicia candida.
“Come stai Ida”?
“Bene, papà”
“La bambina?”
“Non l’ho ancora vista, ma credo bene.”
“L’aspettiamo assieme.”
Si sedette accanto al letto della figlia e aprì la confezione di biscotti misti.
Si misero a mangiarli in silenzio, e il rumore dello sgranocchiare riempiva loro le orecchie e teneva a bada il cuore e il tempo dell’attesa. Quando il padre ne pescava uno al cioccolato, lo dava a Ida.
Al quarto biscotto al cioccolato, arrivò un’infermiera con un fagotto in braccio da cui sbucava la testa scura che poteva essere una noce di cocco e fu come se nella stanza entrasse una presenza enorme.
Le dissero invece che la bambina era lievemente sotto peso.
foto di Mirko Piccinato – http://www.mirkopiccinato.com
.
.